AL CINEMA PER VOI. “VITA PRIVATA” di Rebecca Zlotowski

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La regista francese Rebecca Zlotowski, ebrea di origini polacche e marocchine, non è una firma nuova nel panorama cinematografico.  Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo “Un’estate con Sofia” (2019), oggi disponibile sulla piattaforma Netflix, e “I figli degli altri” (2022), candidato al Leone d’Oro alla 79° Mostra del Cinema di Venezia.  

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Nel suo ultimo lungometraggio, “Vita privata”, la regista sviluppa un thriller psicologico attorno alla figura di di Lilian Steiner (Jodie Foster), psichiatra americana perfettamente integrata nella ricca borghesia parigina. 

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Esperta e sicura di sé, divorziata, con un rapporto conflittuale con l’unico figlio e un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del nipotino appena nato, Lilian conduce un’esistenza routinaria, dedicata quasi interamente alla professione.

La sua apparente tranquillità viene scossa improvvisamente dal suicidio di una paziente, Paula. Sin dai primi istanti Lilian si convince che non si tratti di un gesto volontario, bensì di un omicidio e avvia un’indagine privata, coinvolgendo l’ex marito Gabriel (Daniel Auteuil).

Ogni scoperta viene da lei interpretata come una conferma delle sue supposizioni, ma, non riuscendo a costruire prove inequivocabili, decide di spingersi sempre oltre, arrivando anche a sottoporsi a una seduta di ipnosi. Le sue ricerche la portano su terreni scivolosi, e a ogni passo sembra avvicinarsi sempre più profondamente al suo vero sé.

La trama parrebbe interessante, se non fosse che… 

La sceneggiatura soffre di una scarsa coerenza narrativa. L’inchiesta risulta lacunosa, il ritmo è lento, ai limiti del noioso; i personaggi non vengono mai davvero approfonditi, con il risultato di perdere tridimensionalità e spessore. Le effusioni amorose, benché rare, suscitano più repulsione che empatia, mentre i passaggi che vorrebbero essere comici digradano pericolosamente verso il grottesco. 

Senza contare che il conflitto interiore viene ulteriormente banalizzato dalla figura dell’ipnotista, che rischia di somigliare più a certi personaggi ciarlataneschi della TV che a una professionista autentica, capace di utilizzare uno strumento clinico con rigore e credibilità.

La trasformazione di Lilian, verso il finale, arriva in modo artificioso e forzato, in assenza di un vero punto di svolta che ne giustifichi l’evoluzione.

Come sempre più spesso accade tra le proposte cinematografiche della grande distribuzione, soggetti potenzialmente interessanti e trame che potrebbero rivelarsi avvincenti vengono sviluppati in modo superficiale e manieristico, magari facendo leva su nomi eccellenti in grado di attirare il grande pubblico. Tra le note positive del film vanno segnalati il brano “Psycho Killer”dei Talking Heads, che lo introduce e lo chiude, e la recitazione sempre di altissimo livello di Daniel Auteuil e di Jodie Foster (candidata al Premio Lumière 2026 come miglior attrice).

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