AL CINEMA PER VOI. 43TFF: “Ida Who Sang So Badly Even the Dead Rose Up and Reached Her in Song”

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di Maria Antonella Pratali

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Tra i molti lungometraggi in concorso al 43º TFF (TorinoFilmFestival 21-29 novembre 2025)  si distingue questo film sloveno, che dal titolo (Ida cantava così male che persino i morti risorsero e si unirono al canto), ma solo dal titolo, ci ricorda Lina Wertmüller. Le sceneggiatrici, la giovane regista Ester Ivakič e Nina Jurman, si sono ispirate ai nove racconti del libro “Noben Glas” (Neither Voice) di Suzana Tratnik.
In un piccolo villaggio della Yugoslavia tra gli anni Settanta e Ottanta vive Ida, una bambina sui dodici anni, poco inserita tra le compagne di scuola  e non amata dagli insegnanti. Condivide la solitudine con un’unica compagna di classe e con la nonna, a cui è molto affezionata. Durante una visita al cimitero, l’anziana donna ha un malore e sembra morta. Inutilmente Ida chiama il suo nome, finché la vede riaprire gli occhi quando risuona un canto, forse portato dal vento. Si convince così che se lei canterà, la nonna non morirà mai. Nonostante la sua voce stonata, Ida cerca nel canto un mezzo per opporsi al destino. Questa idea, insieme alla musica che diventa nelle sue variazioni la colonna sonora del film, ha il potere di trasportare lo spettatore in un mondo magico, che fa da specchio al mondo interiore della bambina.
Come afferma la regista, intervistata al termine della proiezione ufficiale, il film “esplora lo spazio tra l’infanzia e l’adolescenza, tra la realtà e l’immaginazione”. 
Lana Marič, nei panni di Ida, offre un’interpretazione autentica, pur essendo al suo esordio come attrice. Ci trasporta con naturalezza e innocenza in una favola malinconica, dove la solitudine infantile è mitigata dalla forza salvifica della musica, della natura e del vento, vero co-protagonista del film.
Il lungometraggio è, in fondo, una storia di formazione: la piccola Ida vede sgretolarsi la serenità famigliare, decide di andarsene, ritorna più grande, pronta ad affrontare la perdita, la fine di un mondo che credeva e desiderava immutabile, e che invece crolla e si dissolve, proprio come la Yugoslavia di lì a pochi anni.
La delicatezza con cui la regista Ester Ivakič tratta il mondo interiore di Ida è capace di emozionare, senza scadere nel sentimentalismo facile. 

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