A partire da oggi, pubblicheremo a puntate (due a settimana) il diario di un viaggio insolito: l’Eritrea. Non solo Asmara e l’altopiano, ma anche alcuni piccoli centri e il bassopiano, fino a Massaua e al Mar Rosso. Un itinerario ricco di immagini e incontri che offrono una prospettiva diversa rispetto alla narrazione ufficiale. Nelle ultime puntate troverete cenni sulla storia, l’attualità, la cucina, l’abbigliamento, l’istruzione e altro ancora.

Asmara e oltre: istruzioni per sorprendersi.
di Maria Antonella Pratali

Prima puntata.
«Ah, vai in Eritrea? E…come mai proprio in Eritrea?». Il tono tradisce la vera domanda: “Se Africa dev’essere, capirei il Kenia… il Sudafrica…ma lì? Cosa ci si va a fare?”. Capitano domande più dirette da parte di qualcuno che ha meno confidenza con il mappamondo e con la nostra storia coloniale, con cui non abbiamo mai fatto i conti.
«E dov’è l’Eritrea?».
«Nel Corno d’Africa».
«Ah…quindi…più o meno?».
«Più o meno sotto l’Egitto, Africa Orientale», taglio corto, confidando che almeno Sharm El-Sheik possa servire da àncora mentale, anche se la rotta è decisamente un’altra.
6 maggio: Malpensa → Cairo → Asmara.
La coda per consegnare i bagagli scorre lenta, punteggiata di valigie enormi e passeggeri armati di pazienza. Intanto osserviamo la fauna aeroportuale. Una giovane coppia con un cane di media taglia è alle prese con un dramma: l’addetto di Egypt Air è irremovibile, il cane va in stiva. Loro protestano.
«Mai successo, lo abbiamo sempre portato in cabina!». Lo sguardo del funzionario dice chiaramente: “oggi no”.
Poco più in là, una donna eritrea di una bellezza elegante e naturale combatte la sua battaglia quotidiana: tenere a bada due bambini che scorrazzano in cerchio come trottole impazzite. E a bordo scopriremo che la voce dei piccoli è uno strumento acuto e penetrante, in grado di perforare anche i timpani più robusti. Intorno a noi, bagagli fuori scala. Alcuni passeggeri sono inginocchiati davanti a valigie aperte, intenti a spostare scarpe, barattoli e chissà cosa, per rientrare nei limiti di peso. Ci ritroviamo in quel che sembra un mercato improvvisato, tra borsoni sventrati e discussioni concitate, in lingue che sembrano tutte velocissime.
Il volo fino al Cairo dura poco meno di quattro ore; chiacchiere, pranzo, un pisolino ed eccoci già lì, in un altro mondo. Lo scalo è lungo, il volo per Asmara parte di notte.
Cairo, ore 23 circa.
Ai controlli finali prima dell’imbarco, i funzionari egiziani, stazza da guardia del corpo e sguardo severo, cercano di domare la folla di eritrei di rientro in patria, insieme alla montagna di bagagli a mano che li accompagna.
Ecco il momento clou: un’anziana minuta, vestita come se avesse indossato ogni capo possibile per liberare spazio nel bagaglio, cappellino rosso con visiera e ombrello blu in mano, si presenta con un arsenale di zaini, borse e sacchetti. Uno dei funzionari, due metri per uno, camicia bianca impeccabile e ricetrasmittente in pugno, esplode col dito indice alzato.
«No no no! Only one bag! One bag!». Lei sorride, sussurra frasi che dovrebbero intenerire. Niente da fare.
«No, only one bag!» ribadisce lui, questa volta con tono da campo militare. La signora tenta allora di distribuire i bagagli ai vicini in fila. Un uomo sta per accettare, ma il trucchetto viene sgamato dal colosso, che lo blocca con uno sguardo che non ammette appello. Lo sketch va avanti così, tra sussurri, dinieghi e borse che cambiano di mano, fino a strappare a tutti risate soffocate.
Dopo i bagagli tocca agli umani; veniamo separati, donne da una parte e uomini dall’altra, e perquisiti. È ormai notte, molti bambini si sono arresi al sonno, crollando sulle spalle delle madri, altri invece decidono di raccontare al mondo la nostalgia del loro lettino, e lo fanno a pieni polmoni.
Nella prossima puntata: l’arrivo ad Asmara e le prime impressioni.
(1. Continua)